ASCOLI PICENO – Alessandro Bianchini, dopo una laurea in design industriale e una magistrale in design della moda allo IUAV di Venezia, ha iniziato a disegnare per la startup MoS Sunglasses, fondata nel 2015 da Francesco Manzi di Desenzano. Passato un anno a Treviso, è tornato nella sua città d’origine, Ascoli, dove ha aperto uno studio per espandere la sua esperienza, al di là degli occhiali da sole. Lavorando da solo, si è accorto che la nostra zona ha un potenziale enorme ed inespresso nell’artigianato, “a livello di sartoria femminile, maschile ed accessori”. È stato nominato dalla Confartigianato di Ascoli Fermo presidente degli stilisti emergenti.
Nel 2016 ha creato la sua prima linea di giacconi “Type 000” collezione A/I 2016/2017 in collaborazione con una sua ex compagna d’università, Nicole Bidoli. “Sono cappotti dal taglio che sembra industriale ma in realtà è artigianale”, illustra Bianchini. Tre modelli da uomo, donna e unisex dalla linea minimal e funzionale.
Quanto può costare in genere un cappotto invernale fatto a mano?
Dipende molto dal budget che sei disposto a spendere e dalla stoffa che usi. Ad esempio, se uno vuole un cashmere di Zegna che costa 300 euro al metro, per un cappotto ce ne vogliono due o due metri e mezzo, si arriva a 700 o 800 euro di stoffa. Se si aggiunge il lavoro del sarto, il prezzo finale potrebbe essere da 1500 a 2000 €. Non è tantissimo, se si pensa che a Roma un pantalone sartoriale viene fatto pagare 1200 €.
Stai preparando una nuova collezione?
Sì, di maglieria artigianale. I capi sono realizzati con le vecchie macchine di maglieria manuale. Uscirà a breve per l’inverno. Inoltre, mi sto specializzando nell’alta sartoria maschile da Franco Mariani, grande sarto appartenente all’Accademia dei Sartori di Roma, e continuo con i disegni degli occhiali da sole di MoS. Da Mariani il vantaggio importante è di apprendere, se si è volenterosi, in sei mesi quello che si impara in tre anni in accademia a Roma.
Come definiresti il tuo stile?
Un mix di classico, sportivo e geometrico. Le mie creazioni sono molto influenzate dal cinema, dall’arte e dalla musica, rock soprattutto.
La sartoria è in decadenza nel nostro Paese. Tanti stilisti e pochi sarti, dei quali c’è sempre più richiesta per far fronte ad una domanda pressante. Tu che ne pensi?
La sartoria deve essere riscoperta. Per esempio, Domenico Dolce (Dolce&Gabbana) ha fatto la gavetta nella sartoria artigianale del padre Saverio. All’inizio si è ispirato alla tradizione della manifattura italiana e alle sue radici siciliane. Nella loro quarta collezione difatti hanno creato il “vestito siciliano”, definito così da stampa e moda, che prende spunto da una sottoveste, uno dei pezzi simbolo del marchio. Invece i designer di adesso sono degli impiegati, che passano da una casa di moda all’altra, senza lasciare un segno e disegnano solo bozzetti, spesso non rendendosi conto dei tempi di realizzazione e della loro effettiva fattibilità.
Qual è il vantaggio di un prodotto sartoriale?
È unico e dura per sempre. Purtroppo, soprattutto in provincia, esiste una tendenza diffusa nel preferire le marche, grandi o piccole, a discapito dell’artigianato. C’è il mito “oddio, dal sarto costa troppo”.
Com’è la vita di un modellista-stilista in provincia?
Si lavora tanto e si guadagna poco. Spesso ai colloqui le piccole aziende sono intimorite da un portfolio ricco di collaborazioni e progetti. Preferiscono formare le persone in stage piuttosto che assumerne con un minimo d’esperienza.
Cosa significa essere presidente degli stilisti emergenti della Confartigianato AP?
Per essere precisi è una carica ufficiosa. Sono un portavoce dell’associazione. Quando si deve partecipare a degli eventi o organizzarli, coordino tra di loro gli altri ragazzi iscritti.
Che cosa vorresti fare in un prossimo futuro?
Costruire un atelier come si deve. Per il momento, desidero che un’azienda creda in me e mi assuma.
Donatella Rosetti